FontanaArte

La storia di FontanaArte e la sua naturale relazione con il vetro e la luce coincide con la nascita e la diffusione del design italiano, grazie alla presenza di Gio Ponti e alla sua istintiva promozione di una nuova unità culturale nell’era dell’industrializzazione.

FontanaArte nasce nel 1932 dal bisogno di mettere a disposizione della fantasia e dell’inventiva delle nuove generazioni di architetti, artisti e decoratori le proprietà materiali e plastiche del vetro, in un’epoca in cui, specialmente a Milano, si è pensato di riconoscere la produzione industriale tra “le infinite possibilità di espressione d’arte”.

L’industria è la maniera del XX secolo, sosteneva Ponti, è il suo modo di creare. Nel binomio arte e industria, l’arte è la specie, l’industria la condizione.

Ancora oggi, nel XXI secolo, l’Arte che Ponti stesso ha voluto aggiungere nel nome dell’azienda, rimane la chiave di un’identità capace di esistere al di là di ogni singolo prodotto di serie.
Lo spirito senza tempo, in equilibrio tra arte e industria, è lo stesso che ispira la produzione contemporanea di FontanaArte, sospesa tra chiarezza e durata.

Unicità

FontanaArte - la prima azienda di illuminazione italiana negli anni ‘30, che ha reso unici i suoi prodotti grazie ai più grandi designer italiani e internazionali, anticipando di decenni la tendenza e la popolarità del design “made in italy”.

Icone

Oggetti senza tempo


Quando tecnologia, funzione e bellezza stanno insieme, prendono vita oggetti e progetti che non hanno data di nascita né scadenza, pronti ad attraversare indenni le trasformazioni sociali e le ondivaghe manie della moda.
E’ questa unità ideale (ciò che i Greci chiamavano “Techné”) che FontanaArte ha costantemente perseguito, realizzando lampade, oggetti e complementi che hanno fatto la storia del design italiano, rimanendo sempre attuali e contemporanei.
Oggetti senza tempo e dalle splendide forme, alcune delle quali sono diventati dei classici del design esposti nei più importanti musei del mondo.

STORIA DEL VETRO SOFFIATO

Fragile, limpido, opaco e colorato, umile, prezioso, versatile, luminoso, antico, moderno, affascinante e indispensabile: gli aggettivi applicabili al vetro sono tanti e non sono mai sufficienti a definirlo.


Il procedimento per dare una forma al vetro è la soffiatura: libera o a stampo. La massa vitrea pronta, tolta dal crogiolo con la canna da soffio, viene fatta prima rotolare su una lastra di metallo detta bronzino, per fagli assumente una forma cilindrica e regolare e poi soffiata. Il pezzo parzialmente soffiato viene ripetutamente scaldato e modellato con particolari strumenti e numerose soffiature fino a raggiungere la forma definita. La tecnica di soffiatura può essere variata utilizzando stampi di ferro o bronzo o legno tenuto bagnato. In queste forme viene soffiata la bolla che si modella dilatandosi e sagomandosi sulle pareti interne. La dimensione dell’oggetto può essere aumentata scaldando e soffiando nuovamente il pezzo. Un particolare sistema inventato dai vetrai muranesi è la “mezza stampatura” che consente di creare oggetti con costolature in rilievo: al fondo di un vetro parzialmente soffiato, ancora attaccato alla canna, viene applicato un altro strato di vetro, l’insieme così ottenuto viene nuovamente soffiato inserendolo all’interno di uno stampo costolato aperto. Il risultato di questa operazione è un vetro dalle pareti superiori sottili, che nella parte bassa più spessa sono lavorate a costolature più o meno profonde dall’effetto particolarmente elegante.

A lavorazione terminata il fondo dell’oggetto viene fissata con una goccia di vetro fuso a una sbarra lunga un metro detta “pontello” che consente al vetraio di sostenere il manufatto durante le operazioni di rifinitura e decorazione a caldo. Le rifiniture possono limitarsi semplicemente alla definizione del bordo liscio o ribattuto, o all’applicazione di anse, ma anche consistere in decorazioni composte di fili vitrei fatte aderire sulle pareti esterne. Infine si stacca l’oggetto utilizzando un particolare paio di forbici dette “tagianti”.
Nel corso del Quattrocento e in modo particolare dalla fine del Cinquecento i soffiati più prestigiosi erano impreziositi da applicazioni di cordoncini di vetro intrecciato, lavorato a pinza, e anche da bordi spesso molto elaborati.
I vetri soffiati realizzati a Murano tra la fine del Quattrocento e l’inizio del secolo successivo erano riccamente colorati con smalto e oro. Si tratta di una tecnica decorativa ricavata dalla combinazione di procedimenti molto antichi, rielaborati in modo originale dai vetrai muranesi: la grande tradizione islamica degli smalti su vetro e quella dei vetri dorati risalenti all’epoca romana insieme danno vita ad oggetti di rara bellezza. A Firenze l’arte vetraia, coltivata fin dal Trecento raggiunse un alto livello per merito dei Medici, con l’apporto anche di vetrai veneziani. Ma certamente il luogo chiave per queste lavorazioni, crocevia dell’Europa dove le diverse culture si mischiavano e davano vita a incredibili creazioni, era Venezia. Così ancora oggi visitare Murano e seguire la lavorazione di questo materiale prezioso è affascinante e impressionante.
Un’arte questa, che non ha età.

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